ETICA APPLICATA ALLA ROBOTICA

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LA QUESTIONE DELLA RESPONSABILITA’ DEI ROBOT.

Un aspetto di particolare rilevanza etica assume la questione relativa alla esistenza o meno di responsabilità da parte del singolo robot in funzione delle proprie azioni e delle loro conseguenze. E’ verosimile che, con il tempo, si genereranno robot con sempre maggiore capacità di autoapprendimento, “comprensione” ed interazione col mondo esterno; in altri termini avremo dei robot capaci di “decidere” cosa fare in una situazione qualsiasi in cui si venissero a trovare. E’ questa una condizione condivisa con l’essere umano che spesso si trova di fronte a situazioni nuove.

 

 

ALTRI SOGGETTI RESPONSABILI

Un problema che potrebbe sorgere è l’eventuale inadeguatezza della risposta con un conseguente danno derivato. In questo caso di chi sarebbe la responsabilità? del progettista del software, di chi ha commercializzato il robot, del proprietario o del robot stesso? e in quest’ultimo caso quale tipo di sanzioni e verso chi dovrebbero essere comminate?

 

 

ALCUNE IPOTESI

Immaginiamo che un robot  destinato all’accudimento delle persone anziane faccia cadere a terra un assistito creandogli, ad esempio, un danno permanente. Nel caso questo comportamento fosse stato fatto da un assistente umano noi avremmo due responsabili: l’assistente stesso e l’azienda per la quale egli eventualmente lavora.

 Nel caso l’operatore fosse un robot potremmo ipotizzare diversi scenari:

 

1)   PRIMA IPOTESI: il robot viene considerato alla stregua di una macchina (ad esempio un tritacarne) per cui la responsabilità non ricade certo su di lui, ma sul suo proprietario e/o sul suo gestore. Il danneggiato, però potrebbe rivalersi su chi gli ha venduto il robot e quest’ultimo a sua volta sull’anello retrostante della catena di commercializzazione fino a giungere ai progettisti e tutto questo a seconda della normativa vigente in ogni singolo paese.

 

2) SECONDA IPOTESI: Il robot ha una grossa capacità di autoapprendimento e interazione col mondo esterno, e da un punto di vista sociale è ormai condivisa l’idea di una condizione di autonomia operativa di detti robot, per cui il singolo soggetto si evolve in funzione di una propria storia individuale di esperienze e conseguentemente un comportamento dannoso puo’ essere considerato un evento occasionale ed imprevedibile, che non trova correlazione diretta con gli altri robot gemelli. In questo caso si potrebbe invocare la perfetta buonafede di chi ha progettato e commercializzato il robot e considerare l’evento come un fatto imprevedibile ed accidentale. Per evitare, però che alla fine il danno rimanga a carico del danneggiato, sarebbe opportuno prevedere un fondo assicurativo di garanzia, per questi casi. E’ evidente comunque che chiunque sia chiamato formalmente a pagare il premio assicurativo esso alla fine rappresenterà un costo per l’utente finale.

 

3) TERZA IPOTESI: I robot hanno raggiunto una capacità di “intelligenza” delle situazioni ed interazione col mondo esterno tale da poter decidere in situazioni complesse, vi è inoltre “una vita psichica interiore” capace di generare autonomi criteri di scelta. Questo caso può considerarsi un’evoluzione del punto precedente e forse, con molta cautela potremmo parlare di una situazione di “responsabilità del singolo robot” le cui conseguenze potrebbero essere trattate in maniera analoga, per certi aspetti, a quella di responsabilità di una azienda. In queste condizioni dovrebbe inoltre essere previsto un controllo periodico su ogni singolo robot al fine di prevenire la devianza o l’”impazzimento” del robot.

 

 

Ci rendiamo conto che stiamo parlando di scenari futuri, ma l’etica per sua natura ha il dono del poter contribuire a priori all’orientamento delle scelte.

LA QUESTIONE DELLA

RESPONSABILITA’

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